Pezzi anatomici è un progetto che indaga, adattandovisi, formati differenti: la sala prove col suo andamento sperimentale, il sound-check di una conferenza, lo spettacolo e la performance. La scena è luogo di incontro tra immaginazione e ricerca sul linguaggio coreografico, con un atteggiamento che apre continuamente alla deriva, all’approfondimento e all’invenzione in diretta, ma in realtà offre al pubblico un meccanismo ritmicamente incalzante e strutturato, mimetizzato nel flusso distratto dell’esperimento. Un nucleo di danzatori stabile si alterna per costruire insieme un tempo di indagine anatomica che approda a momenti di pura visione, utilizzando la cultura coreografica come chiave di accesso ad un universo di pensiero più vasto. Pubblico e performer abitano lo stesso spazio, che ricalca il modello e la funzione del “gabinetto anatomico” rinascimentale, dove le informazioni scientifiche venivano corroborate dall’esposizione dei corpi. In questa produzione lo spazio dedicato al corpo in movimento è dunque dissezionato ed accompagnato da esperimenti in tempo reale, dissertazioni serrate concatenazioni dinamiche.
La forza visionaria della coreografia si manifesta senza essere annunciata, cioè appare all’interno di un processo che tesse discorsi molto ampi che svelano la complessità dei riferimenti che generano le immagini in movimento dei corpi, e permettono di valutare sviluppi diversi dello stesso presupposto formale e coreografico, lasciando spazio ad un atteggiamento di studio e osservazione. Quel che il pubblico vede è di fatto un lavoro che si annuncia come preparatorio ma contiene in sé la forza per essere esaustivo in termini di fruizione, senza diventare mai prodotto.
Il lavoro nasce dal desiderio di reinventare una lingua corporea cercando diverse posture anatomiche, e di sicuro ha a che fare con l’animalità, una cosa di cui facciamo esperienza soprattutto come cattività. Mettersi in gabbia, o nel gabinetto anatomico-scientifico, sempre sotto osservazione, diventa una strategia momentanea per scatenare la creazione e cercare in diretta la naturalezza di cui abbiamo bisogno. L’aperto.
progetto e coreografie Michele Di Stefano
luce Giulia Broggi
coproduzione mk/KLm 2020 e Teatro di Roma
in collaborazione con Oceano Indiano, Palazzo delle Esposizioni/public program mostra Sublimi anatomie 2019
con il contributo di MIC, Regione Lazio